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Trento, 8 aprile 2016
REFERENDUM SULLE TRIVELLE, I MOTIVI DEL SÌ
di Lucia Coppola
dal Trentino di mercoledì 6 aprile 2016

L'articolo originale era firmato dai co-portavoce dei Verdi del Trentino
Lucia Coppola e Maurizio Migliarini
e titolato

"PerchÉ dovremo andare a votare
e votare SI' al Referendum del 17 aprile"

Il senso di questo referendum contro le trivelle va ben oltre l'unico quesito rimasto, quello che dice di cancellare la norma che consente alle società petrolifere di cercare ed estrarre gas o petrolio entro le 12 miglia dalle coste italiane senza limiti di tempo. Vogliamo abrogare una norma, contenuta nel Decreto Sblocca Italia dello scorso anno, secondo la quale le società petrolifere non hanno più il vincolo della concessione trentennale, con possibile deroga fino a vent'anni, per l'estrazione ma possono continuare a farlo fino a quando lo desiderano.

Questa norma di fatto di sancisce il monopolio di un bene che appartiene a tutti, perché i tratti di mare interessati non si libereranno più dalle attività petrolifere. Si regala dunque un potere enorme ai petrolieri. Si tratta, in tutta evidenza, di uno stop forzato alla transizione energetica che ci dovrebbe portare invece convintamente verso le energie pulite. Con la vittoria dei Sì al quesito referendario, semplicemente si ritornerebbe alla norma precedente, quella che prevede appunto dei tempi certi, anche se molto larghi, nella concessione delle autorizzazioni.

Diremmo però chiaramente al nostro Parlamento che è necessario investire al 100% sulle rinnovabili.

Non verrebbe smantellato niente se non allo scadere degli accordi intrapresi. Le stime ci dicono che se il governo intraprendesse una strada più lungimirante e realistica con il ricorso alle energie rinnovabili, avremmo, entro il 2030, 130 mila nuovi occupati. Ecco perché è così importante esprimersi. Ecco perché, contrariamente alle indicazioni del governo che non è forse pienamente consapevole del proprio ruolo istituzionale di garante della democrazia e della partecipazione dei cittadini, è così importante non astenersi, andare a votare e votare Sì.

E' un Sì convinto al nostro mare, che produce il 50% dell'ossigeno che respiriamo e assorbe 1/3 delle emissioni di anidride carbonica. E' forse utile anche ricordare che questo quesito referendario è strettamente legato agli impegni della Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici, assunti a novembre contro il riscaldamento globale. E' necessaria una profonda trasformazione dei modelli culturali e di consumo. I combustibili fossili, peraltro, sono in via di estinzione: le stime prevedono che le riserve saranno sufficienti a soddisfare gli attuali ritmi di consumo per almeno 40 anni nel caso del petrolio, 60 all' incirca nel caso del gas, 150 nel caso del carbone. Nel 2050 è previsto il picco dell'uranio.

L'unica alternativa perciò è quella delle energie rinnovabili. Che non necessitano di mega impianti ma di piccoli impianti diffusi. Sono risorse meravigliose che la natura ci mette a disposizione, cambiano il modo di usare il territorio dove abitiamo e il nostro pianeta. Presentano vantaggi economici, ambientali e di tutela della salute.

Sono la geotermia, le biomasse, il vento, l' acqua, il solare termico e fotovoltaico, l'eolico. Allo stato attuale gli occupati nelle piattaforme petrolifere sono 70 (si è parlato persino di centomila persone!).

I danni all'occupazione sarebbero minimi perché la dismissione sarebbe del tutto graduale, parliamo di decenni, con la possibilità di una riconversione in altri settori legati all'energia e alla Green Economy. Il paradosso è che nelle rinnovabili investono di più i privati, imprese e singoli cittadini, dello Stato che impiega 500 miliardi di euro l'anno per i combustibili fossili, meno di un quinto per l'energia pulita!

Nonostante ciò, in Italia siamo solo a 0,3 punti percentuali dal target europeo che prevedeva -20% di immissioni di CO2 in atmosfera, +20% di energie rinnovabili, -20 di combustibili fossili entro il 2020. Questo risultato è dovuto soprattutto agli impegni Green degli anni passati. Già nel 2007 l' IPPC, la commissione ONU che studia i cambiamenti climatici, in un lungo documento riservato fece un’analisi dei cambiamenti climatici del continente Europa, indicando prospettive veramente preoccupanti per i vari ambienti: montano, acquatico, marino, agricolo, dal punto di vista ecologico, sanitario, turistico anche per il nostro paese. Sempre minore disponibilità idrica al sud e sostanziale tendenza alla desertificazione.

La pubblicazione di questo rapporto, ritenuto troppo duro, fu ritardata per il veto posto da Stati Uniti, Arabia Saudita e Cina. Si prospettava tra il resto la diffusione della malaria per la carenza d’acqua entro 20 anni, lo scioglimento di tutti ghiacciai europei entro il 2050, l’estinzione della metà della vegetazione mondiale entro il 2100. D’altro canto, l’Università di Pavia e il dipartimento di Ecologia del Territorio hanno lanciato da tempo vari allarmi sullo spostamento della flora alpina verso l’alto da parte di 56 specie vegetali e sulla scomparsa di specie incapaci di adattarsi.

La conferenza mondiale sul Clima di Parigi, la COP21, ha confermato la criticità della situazione del nostro Paese, la prospettiva di desertificazione e la situazione del mar Adriatico che, per l’aumento della temperatura dell’acqua, potrebbe non essere più percorso dalla corrente che lo attraversa da nord a sud determinando un salutare rimescolamento degli strati più profondi.

La conseguenza probabile sarebbe la trasformazione in una sorta di grande lago salato e la scomparsa di pesci, molluschi, crostacei. Insomma c'è poco da stare allegri.

Questo Referendum, che per essere valido ha bisogno del 50% dei votanti più uno, è uno strumento forte di partecipazione e presa di coscienza che dobbiamo alle nuove generazioni.

Lucia Coppola

 

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